28 Marzo 2024

Il Green marketing nel Manifesto di John Grant

john grant manifesto del green marketing

Grant scrisse il Manifesto del green marketing nel 2007 per il timore che, senza una precisa road map, la gente si lanciasse sul green marketing perché “va di moda” o perché “etico è in”.

Consapevole della difficoltà di creare un’alleanza fra marketing ed ecologia, a causa dei loro diversi programmi ideologici, culturali ed economici, è proprio sulla diversità di obiettivo di questi due soggetti in campo che le imprese possono trovare delle autentiche e innovative coincidenze di interessi.

Il primo passo da fare per chi si occupa di green marketing è avere dimestichezza con le questioni ambientali, per loro natura complesse, sistemiche e controverse. Ci si deve credere e portare tutta l’organizzazione su una visione ecocompatibile.

Il secondo passo del green marketing è capire che i problemi ambientali esigono un salto di qualità, una discontinuità sia con il passato che con il presente; per dare un contributo significativo il business deve fare scelte coraggiose.

Il terzo passo è rendere sempre più numerose le persone desiderose e capaci di scelte eco-sostenibili attraverso l’informazione, estendendo gli stili di vita ecologici fuori dalle attuali nicchie verdi, e con processi culturali che rendano attraenti le scelte ecologiche e deplorevoli le prassi attuali. La maggior parte dei consumi non-ecologici è determinata dalla mancanza di informazioni, consapevolezza, alternative; in alcuni settori merceologici come i grandi elettrodomestici (frigoriferi, lavatrici e lavastoviglie in classi A+, A++, A+++) o gli alimenti per l’infanzia (biologici) i consumi sostenibili superano il 60% del volume totale delle vendite. Nel Manifesto, Grant definisce ben 18 diverse tipologie di green marketing, che possono essere raggruppate in tre macro categorie che si differenziano per gli obiettivi che l’azienda si pone:

Verde: stabilire nuovi standard per i prodotti, le aziende, le politiche e i processi che siano più sostenibili degli attuali, senza un confronto diretto con gli ideali assoluti. La sostenibilità diventa un obiettivo in movimento, quello che fa un azienda oggi potrebbe diventare lo standard di domani. Il pericolo insito in questo tipo di operazione è far sembrare più “verde” qualcosa di normale (greenwashing), con la conseguenza di perdere valore e la fiducia dei clienti. Si rende necessaria una comunicazione onesta e attinente ai fatti.

Più verde: condividere la responsabilità con i clienti coinvolgendoli con il passaparola, le esperienze, l’educazione e la community. Non si cerca di vendere la propria sostenibilità, ma si cerca di spingere le persone verso nuovi comportamenti più sostenibili. Questo atteggiamento crea relazioni e interesse.

Verdissimo: sostenere l’innovazione verso nuove abitudini, nuovi servizi, nuovi business model. Nella maggior parte dei casi si tratta di sostituire un prodotto con un servizio, in particolare grazie alle nuove tecnologie, che soddisfa gli stessi bisogni (vedi il car sharing che sostituisce l’auto di proprietà). Sono innovazioni che hanno bisogno del nostro aiuto perché le idee di un gruppo ristretto di ambientalisti diventino la normalità.

Grant sostiene, riprendendo in parte la teoria della decrescita formulata un anno prima da Latouche, che

è responsabilità del consumismo se siamo arrivati al punto in cui siamo. […] Bisogna cambiare sostanzialmente quello che la gente consuma e anche come lo consuma. Per avvicinarsi all’obiettivo di una riduzione del 70% dell’impronta ecologica evitando così un declino catastrofico dell’economia […] sarà necessaria una rivoluzione culturale. E i grandi cambiamenti portano con sé grandi opportunità di business.


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