29 Settembre 2023

Il green marketing: una scelta difficile per la GDO


Alcuni studi della McKinsey dimostrano come molte imprese stanno progressivamente integrando i principi della sostenibilità per andare oltre la necessità di rispettare le norme. All’interno di questo fenomeno in continua crescita e diffusione, la funzione di intermediazione della Grande Distribuzione Organizzata (GDO) assume un ruolo cruciale.

La grande distribuzione è favorita dal suo peso economico, basato sulla consolidata capacità di governare e creare circuiti di fornitura e dalla maggior conoscenza del mercato. Queste competenze la rendono il primo interlocutore della richiesta di nuovi prodotti/servizi e in grado di orientare i comportamenti del consumatore. Esempi virtuosi si possono individuare nello scontrino per la sostenibilità di Auchan – nota catena francese di super e ipermercati – che permette al cliente di leggere, tramite un’App per smartphone, il codice a barre e quindi consultare il bilancio di sostenibilità. In questo modo Auchan ha potuto raggiungere un bacino di utenti particolarmente ampio, pari a 1,5 milioni di consumatori.

Secondo una ricerca di Web@research e B2 Axioma solo il 20% della totalità delle imprese della grande distribuzione ha deciso di investire nella sostenibilità, mentre il restante 80% si sta ancora interrogando sugli effetti positivi che potrebbe avere un investimento di questo tipo. Tanti sono gli elementi che spingono i distributori ad investire nella sostenibilità, mentre, pur non essendo molte le barriere, esse riescono in ugual modo a mettere in discussione la scelta green delle grandi catene.

I driver della sostenibilità nella GDO

I driver della sostenibilità nella GDO sono suddivisi in due categorie: quelli orientati verso il mercato e quelli orientati verso i processi aziendali.

Nella prima categoria rientra la necessità dell’impresa di rispondere a quelle che sono le richieste a tema ambientale del consumatore. La diffusione tra la collettività di una maggior attenzione alle questioni ambientali ha creato un nuovo segmento di clienti che richiedono, alle industrie e alla distribuzione, una maggior attenzione per il rispetto dell’ambiente. Un altro driver consiste nella differenziazione dell’offerta, ovvero un ampliamento consapevole dell’assortimento con prodotti sostenibili (si veda ad esempio il caso della linea Vivi Verde di Coop, Biologico Conad e Esselunga Bio).

Infine, l’ultimo elemento della prima categoria è la valorizzazione della marca o brand. L’attenzione all’ambiente sta diventando una caratteristica intrinseca nella qualità di ogni prodotto, il brand deve dunque impegnarsi, anche se con un processo graduale, a cambiare il modo di svolgere la propria attività. Questo processo verrà dunque percepito e seguito dai propri clienti e, se svolto in modo continuo e sincero, permetterà all’azienda un miglioramento dell’immagine e della credibilità aziendale.

Nella seconda tipologia rientrano: il recupero di efficienza, perché grazie ad un’ottimizzazione delle risorse si possono ottenere significativi risparmi di costo nel lungo periodo e ad anticipare il contesto normativo che indirizza le performance di sostenibilità delle imprese (ad esempio standard normativi in materia di gestione dei rifiuti).

Oltre ai driver, però, esistono alcune importanti barriere che impediscono il pieno sviluppo di strategie sostenibili. La dimensione della rete commerciale può portare a non raggiungere la massa critica necessaria per adottare rilevanti investimenti con un orientamento ambientale nei piccoli distributori, ma allo stesso tempo un format commerciale di grandi dimensioni richiede un impegno notevole per connotare, in ottica ambientale, il proprio assortimento.

Barriere

La forte internazionalizzazione ha portato a complesse catene di approvvigionamento a livello globale che richiedono notevoli investimenti per assicurare la sostenibilità lungo l’intera catena.

Infine, l’ultima barriera riscontrata è la molteplicità di soggetti interessati all’impresa che, possedendo priorità aziendali e sociali diverse, non sempre allineate con i basilari obiettivi ambientali, frenano lo sviluppo in questo senso.

In conclusione, la scelta della GDO su una strategia di sostenibilità, è il risultato di un bilanciamento tra driver e barriere che ci aiutano a distinguere due tipologie di distributore sostenibile:

  • reattivo: adotta iniziative ambientali con estrema cautela in quanto non sente di avere le capacità di guidare e/o influenzare i comportamenti del consumatore
  • proattivo: capace di coinvolgere il consumatore verso l’esplorazione di nuove modalità di consumo più sostenibili.